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Dopo
aver digerito per quasi un mese le fatiche consumate in giro per
la vallata di Chamonix mi son deciso a scrivere poche righe
sulla mia seconda esperienza all’UTMB. Tutto ha inizio il
Venerdì mattina presto, quando io e Oriele (un giovanotto tosto
di Calusco) ci mettiamo in auto – destinazione Chamonix. Dopo
circa tre ore di viaggio arriviamo a destinazione accolti da un
maltempo con pioggia e neve appena sopra l’abitato della
cittadina. Di lì a poco, mentre siamo indaffarati a preparare le
nostre dotazioni obbligatorie e la sacca di ricambio siamo stati
informati via SMS che il percorso sarà ridotto a 100 km. per le
avverse previsioni meteo – pioggia, vento, neve sopra i 1700 mt.
– e il percorso sarà quindi interamente svolto in Francia senza
sconfinare. La partenza è fissata per le ore 19. Poco prima
arriva il primo concorrente della CCC, lo spagnolo Castanyer in
8 ore e 55′, tempo eccezionale.Dopo un paio di minuti con
un sottofondo musicale davvero eccitante viene dato il via alla
nostra “UMTB”, decima edizione, contorniata da due ali di folla
che ci accompagna fin fuori dall’abitato di Chamonix. In discesa
ci dirigiamo, sotto una leggera pioggerella, verso Les Houches,
il ritmo è al risparmio e mi lascio trascinare dal tifo e dai
concorrenti al mio fianco. Sulla salita verso Pelevert si fa
buio e pian piano aumenta la pioggia. Penso già alla discesa
verso Saint Gervais, vista l’esperienza dello scorso anno – una
ripida pista da sci, scivolosa e tosta. Mi ritrovo già zuppo
d’acqua dalla testa ai piedi. All’entrata di Saint Gervais
troviamo un nugolo di persone che tifano, mi emozionano in modo
particolare, qui mi fermo per non più di cinque minuti al
ristoro (sempre ottimo, come tutti), e via andare verso Les
Contamines e poi a La Balme che segnava il trentanovesimo
chilometro. Da qui deviamo dal percorso originale, inizia a
nevicare sui 1600-1700 mt., soffia un vento sostenuto, in più
malauguratamente metto in fallo il piede destro in una pozza di
neve ghiacciata che mi fa sussultare ulteriormente e
rabbrividire. Ritorniamo verso Les Contamines su tratti mangia e
bevi. Dopodiché ci dirigiamo verso Bellevue su una salita tosta,
ripida e che non molla mai. Qui ero mentalmente sicuro, o forse
mi sono illuso che ci fosse almeno un ristoro (almeno di acqua,
thé o sali) – invece niente da fare. Ancora 5 km. per Les
Mouches e avrei trovato tutto ciò che volevo come mi ha
confermato una graziosa francesina collocata all’inizio della
discesa. Discesa infangata, viscida e con il fango fino metà
tibia. Malgrado un approccio titubante mi ravvedo e forse dopo
aver raggiunto un gruppetto di spagnoli riesco a correre sciolto
e vado via liscio, con tratti fatti bene e divertenti. Giunto a
Les Mouches facciamo il pieno di minestrina e formaggio.
All’uscita del ristoro chiedo ad una addetta dell’organizzazione
quanti km. mancassero, visto che la fatica e le ore trascorse
erano già parecchie. 23 km. all’arrivo. Mi stupisco ma nel
contempo penso a qualche salita e alcuni tratti pianeggianti.
Forse è finita. Riparto con grinta e parsimonia senza pensare
troppo al percorso. Dopo una breve discesa si attraversa il
ponte che avevo fatto la mattina – a ritroso) e si imbocca una
salita asfaltata che ci tiene compagnia per 10 km. Alla fine
della strada asfaltata si prende un sentiero a mezza costa che
ci porta fino ad Argentiere con l’ultimo tratto di discesa. A
questo punto mi viene comunicato che il percorso si inerpica dal
fondovalle fino quasi alla cima della montagna, immagino circa
1000 mt. di dislivello. E’ stato aspro e infinito. In cima
riesco a carpire informazioni sui chilometri mancanti, mi dicono
14, io penso che siano suddivisi in 4 km. in discesa e 10 km. in
pianura – fino al traguardo. Non è stato così. I 4 km. in
discesa ci sono stati. Arrivo all’ultimo ristoro ringalluzzito
per essere riuscito nell’ultimo tratto di discesa a superare
diversi concorrenti. Ristoro veloce, acqua e Coca Cola, un po’
di banana e via. Uscendo accenno ad una corsetta leggera e mi si
affiancano un paio di concorrenti con cui faccio i primi 5 km.
sul lato destro della vallata, su un sentiero che invece che
seguire la naturale pendenza della discesa verso Chamonix sale a
mezza costa sulla montagna. Non sono pendenze rilevanti ma è
sempre salita e discesa, in pratica un mangia e bevi. Mi da
morale vedere all’orizzonte un tratto ampio di prato, e le prime
abitazioni della cittadina montana. Ma mi illudo e il percorso
cavalca verso il lato sinistro del fiume, si infila in un tratto
sterrato, per poi salire verso una vetta stretta e maledetta che
mi obbliga a camminare e spremere le ultime forze. Stringo i
denti e in un non so che mi ritrovo sulla via d’imbocco a fianco
del fiume, proprio dove l’anno scorso ho avuto la dolce sorpresa
di trovare Simonetta e l’Aquila che mi incitavano con un
campanaccio. L’ultimo chilometro è stato fantastico come i primi
chilometri, esaltanti, emozionanti, e con tutta quella gente che
tifava per il primo come per l’ultimo arrivato, chiudendo questa
ennesima esperienza in una ultramaratona in montagna dicendomi
“bravo” per averla portata a termine. Complimenti a tutti i
finisher. Ufficialmente ho impiegato 19 ore e 40′. Il mio
compagno d’avventura l’ho ritrovato già lavato e riposato, mi ha
dato oltre 2 ore di distacco. Complimenti a lui, ma l’importante
per me è essere arrivato integro al traguardo, stanco ma
soddisfatto, emozionato per quel clima nostrano che ci accoglie
al termine di una gara così faticosa. In alto la bandiera dei Fò
di Pe. Mola mai, mai püra.
Grisù
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